lunedì 30 aprile 2012

Day-104: Multitasking

Giorno 104, significato ignoto alla smorfia (che giustamente si è posta il limite dei 90) e inutile alla cronaca. Ormai la conta dei giorni per la Dukan non serve più: mi sono fatta i miei bei 3 giorni di fase 1 (attacco), poi 48 di fase 2 (crociera) e infine i prescritti 10 gg per chilo perso di fase 3 (5kg = 50 gg di consolidamento). Da ora in teoria si ritorna alla vita normale, con un risultato certificato e un paio di sorprese in più:

  1. Ho raggiunto il peso obiettivo che mi ero data (e hai detto niente)
  2. Ho riscoperto l’amore per la cucina, sulla variante delle carni e soprattutto del pesce (quando fino a qualche mese fa il mio focus era dolci e primi piatti, con nota di merito per la pasta frolla e i risotti)
  3. Ho maturato una nuova passione: la corsa. E qui chi l’avrebbe mai detto, davvero.
La conta dei giorni, ora, serve solamente per vedere quanto sarò costante nell’aggiornamento del blog, per darmi un “passo” anche in questo e, non ultimo, per tenere sott’occhio lo scorrere del tempo.
Eh, si, perché sembra paranoico ma è proprio così: ho bisogno di capire a che velocità scorre il tempo attorno a me. Negli ultimi tempi mi sono resa conto di averne totalmente perso la cognizione. E non intendo giorni, settimane, o mesi… qui sto parlando di anni interi. L’ultimo anno, poi, è come non fosse mai esistito. Si è dissolto nell’aria vapore.
Non conosco le ragioni psicologiche di questi vuoti, quel che è certo è che forse (dico forse) constibuisce a questo scollamento l’inverosimile quantità di cose che ho fatto nell’ultimo periodo.

Al di là del lavoro (quello “ufficiale”) mi ero messa a dare una mano ad un amico su un’altra attività di lancio di un nuovo prodotto, poi ho iniziato a cercare casa, poi il mutuo, poi i lavori di ristrutturazione, poi gli arredi, poi una relazione semi-seria, poi la decisione di cambiare lavoro, poi l’organizzazione di vacanze, feste, ricorrenze (in cui ero sempre annoverata nel comitato promotore), infine il vero cambio lavoro, la decisione di abbandonare l’impiego-bis, il sospirato termine degli interventi in casa, la scelta di prendermi una pausa dagli impegni mondani.

La quiete dopo la tempesta. Eppure.

Eppure l’impronta del multitasking mi è rimasta addosso. E me ne sono resa conto in questi pochi giorni di pausa da tutto che mi sono presa prima del nuovo inizio. La mia vita, intesa nel senso di quotidianità, si muove tra due estremi: l’immobilità totale, la nullafacenza assoluta e l’iperattività, le mille cose iniziate e portate avanti assieme. Per dire: se non inizio nulla, posso stare ore nel letto a rigirarmi, se invece devo fare una cosa (esempio: cucinare) ecco che mentre preparo l’arrosto scrivo sms a tre persone, interrompo a metà e metto ad andare la lavatrice, riordino le carte della banca, passo lo straccio in bagno, poi riprendo in cucina ma cerco la garanzia del bollitore, recupero il codice prodotto del pc, e inizio a pensare a cosa fare per cena, prendo il libro che devo leggere e poi piego i panni asciutti, stendo quelli bagnati, risistemo le carte al loro posto, pc sul tavolo, conversazioni via sms terminate, arrosto pronto fuori dal forno. Un tornado e poi la pace. Ma se non metto in moto di nuovo altre 3 cose in contemporanea, iniziando e interrompendo ognuna almeno due volte, non vado avanti.

Forse è per questo che mi fa bene la corsa.

Mentre corro non posso fare nient’altro. Musica, strada, le gambe che girano. Potrei pensare, al limite, ma se lo faccio, e me ne sono accorta da un po’, il ritmo scende, il fiato si rompe, le gambe non vanno. E io voglio che vadano.

O testa o gambe, insomma. Ed è una vera Fortuna che abbia trovato il modo di far riposare la testa.

mercoledì 25 aprile 2012

Day-98: Questo sogno non lo perdo.

Questo non lo voglio perdere.

Notte tra lunedì 23 e martedì 24 aprile, la mia ultima notte da dipendente nella mia prima vera azienda.
Il giorno dopo avrei salutato tutti (per l'ennesima volta, ma non essendo così comune che da quell'azienda la gente se ne vada sono rimasti tutti abbastanza scioccati, e i saluti si sono protratti per giorni), avrei riconsegnato computer e badge aziendale, avrei varcato la soglia in uscita per l'ultima volta, almeno l'ultima da dipendente.
La mia ultima notte, prima dell'ultima mattina di sveglia puntata alle 7.32, dell'ultima doccia pre-vecchio ufficio, dell'ultima indecisione di fronte all'armadio (il nuovo ufficio imporrà una serie di outfit predefiniti, che studierò ad hoc con una dele colleghe più cool della vecchia azienda nei prossimi giorni!), l'ultima uscita di casa con il solito ritardo e l'ultimo giro in metropolitana destinazione: capolinea.

E faccio questo sogno. Io che da qualche anno a questa parte sogno così raramente.
Un sogno nitido, chiarissimo, dal quale mi sono svegliata lucida, nel cuore della notte, con il ricordo preciso e perfetto di quello che avevo visto. Questo ricordo ora sta per svanire, ma non lo voglio perdere.

Una spiaggia. Sembrava il Brasile del nord, sembrava la sabbia rosa di Canoa. Spiaggia di dune, miste a scogli. Alta rispetto al livello dell'acqua, con una forte discesa verso il mare.
L'oceano. Acqua di un intenso color turchese, che sfumava al largo in un blu cobalto e a riva in un acquamarina chiarissimo.
Io e mia sorella, sdraiate una accanto all'altra sulla sommità della spiaggia, come sul ciglio di una di queste dune. Siamo serene, parliamo, guardiamo il sole, il mare, scherziamo con l'iPhone (ma si può sognare l'iPhone? Mah...).
Onde. All'inizio poche, piccole, giusto un accenno di risacca. Poi sempre più grandi, sempre più intense e alte. Finchè non iniziano a raggiungere il livello della spiaggia. L'acqua che raggiunge la sommità delle dune, che inizia a lambire anche noi, noi ci divertiamo, lasciamo che l'acqua ci bagni e poi ci sommerga, lasciamo che le onde ci rpendano e ci portino nell'oceano.
Il fragore dell'acqua è sempre più alto, le onde ci sommergono sempre di più. Io ho paura di non riuscire più a raggiungere la spiaggia se la corrente mi porterà poco più al largo. Ma sento anche che il panico è solamente mio, mia sorella (quella che delle due è sempre stata più "fifona") non se ne preoccupa per nulla.
L'ultimo ricordo, tra il calore del sole, l'acqua, il rumore dell'oceano e la luce, sono io che cerco di salvare l'iPhone dall'ennesima onda, tenendo alta la mano che lo regge, mentre mi scatta una fotografia. Ovviamente senza successo.

Sveglia. La sensazione non è paura, ma solo una leggera inquietudine. Cosa significa un sogno così netto? Prendo l'iPhone e cerco il significato del mare, della spiaggia, della presenza di mia sorella.

Sognare il mare significa un cambiamento in atto.
Il mare contrapposto alla spiaggia simboleggia l'emotività versus la razionalità.
La presenza di mia sorella è la stabilità della famiglia.

Wow.

P.s. Sogno fatto nel giorno 98 dall'apertura di questo nuovo capitolo della mia piccola vita. Il 98 è la somma di due quadrati: 72 + 72. Poi lo chiamano caso.



martedì 3 aprile 2012

Day-77: Buona la Prima!

Ieri primo sbarco nella nuova dimensione.

Sveglia alle 6.30 dopo una notte popolata di sogni strani (e la solita ansia da “suonerà la sveglia?”), doccia, trucco e parrucco e via di taxi (con annessa polemica col tassinaro sul senso dei vegetariani in periodo di Pasqua), vai di treno (con anomalo isolamento digitale, ognuno immerso nei suoi pc), e infine…il mare! Non sto scherzando: il mare vero, la spiaggia deserta, l’azzurro cristallino dell’acqua ancora immacolata dopo l’abbandono invernale e prima dell’invasione estiva! La voglia di tuffarsi nel sole, sdraiarsi sulla sabbia e dormire, una birra e una pasta al tonno…

E invece: autista in stazione, strade di provincia, e infine la sede. Grande, bianca, spaziosa, bellissima.
Le persone: giovani, splendide, vive, anche se di una vitalità spenta e sopita, ma pronta come mai a risplendere al minimo cenno di rispolverata. Tanta energia latente, tanti progetti nel cassetto e voglia di dare il meglio, ricominciare anche loro a vivere il loro lavoro con grinta e impegno. Bello. Semplicemente bello.

In totale 6 ore di chiacchiere e formazione soft, per riportarsi a casa due folder pieni di stampe, appunti, dettagli di nuova collezione sui quali lavorare entro…ieri, no? Bello come tutto il mondo sia paese, e come tutte le aziende in fondo si assomiglino nelle deadline cadenzate a passo di gambero!
E poi il rientro, il treno la notte perde il fascino del panorama che regala con la luce del giorno, un bicchiere di Berlucchi gentilmente offerto dal Frecciarossa, la Dukan poteva aspettare, oggi proteine pure per recuperare il regime che ieri è saltato, stamattina corsetta in Sempione di 6 km, dopo gli 8 km di domenica (fatti in previsione dei km 0 di ieri), magari oggi si chiude qualcosa, perché ora è tempo di aprire la porta al nuovo.



Ieri sera mi sono porto a letto l’emozione provata nell’essere un'altra volta ‘nessuno’ per tutti, di ripartire da zero in un organizzazione sconosciuta, di farsi conoscere dal niente, dimostrare di nuovo chi sei, misurarsi con le aspettative di chi magari sa già qualcosa di te tramite voci, di chi immagina solo cosa potresti dare, di chi non immagina nulla, di chi giudica dalle apparenze, di chi guarda solo le gambe o di chi aspetta a giudicare la testa.
Una relazione nuova: riscoprirsi, rimettersi in gioco, re-imparare a conoscersi attraverso la conoscenza che gli altri faranno di te e tu degli altri.

p.s. questo post doveva partire ieri sera, ma a causa di misteriosi buchi nei diversi device wifi, Bluetooth, USB e chi più ne ha più ne metta ha dovuto aspettare stamattina...giorno 77...come le gambe delle donne...le mitiche :)